La lotta per la parità di genere passa anche dal rock. Donne rocciose l’hanno urlato al mondo da un microfono, che la musica è l’unica voce capace sempre di farsi ascoltare.
Quando Francesco Gallina mi ha telefonato per comunicarmi di avermi inserito nei suoi ritratti di femmine rock nel suo libro “Donne Rocciose” edito da Arcana, ammetto di essermi emozionata e non poco.
Mi piace la parola femmina usata nel sottotitolo, mi piace perché è sessuata e cosa c’è di più vicino al sesso della musica rock? E poi mi piace perché se essere donne non è facile, essere femmine in una società ancora un po’ troppo misogina è addirittura eroico.
Cantare rock per le donne è sempre stato un gesto rivoluzionario, che ha influenzato milioni di altre donne in tutto il mondo. Essere parte in causa nel rock inteso soprattutto come rottura degli schemi imposti da una società, che ancora non è riuscita a svincolarsi dal giogo del patriarcato.
Sono queste le donne rocciose che il libro racconta in un excursus che va dagli anni della contestazione alle ragazze del 2000.
Il principale merito di queste signore, è stato affermare se stesse a prescindere dall’epoca nella quale sono vissute artisticamente
Sono 50 le donne rocciose di questo libro e non ve le voglio raccontare ma ognuna di esse rivendica il proprio modo di essere, lontane da condizionamenti e rotture di palle di stereotipi vari.
Qualcuna mi ha toccata nel profondo come donna prima e come artista poi.
Eccessiva e disperatamente sola come Janis Joplin. Alcol e droga sono perdizione, ma soprattutto un atto di ribellione e lo saranno per molti anni ancora fino a devastare la mia generazione.
Non siamo sempre stati angeli del focolare e non lo saremo mai più. Fatevene una ragione.
La femminile incostanza di Nina Hagen, che fa di lei un totem di trasgressione e precorre stili e tendenze divenute poi glamour. Me la ricordo quando ogni tanto si sposava un minorenne e non posso dimenticare che cosa quella sua voce da gatta arrabbiata abbia significato per me.
Diamanda Galás l’ho vista in un cinema torinese pieno da scoppiare, pieno da scoppiare del carisma che ogni sua fibra urlava fuori in una vibrazione che stordiva noi esseri mortali.
Jinx Dawson dei Coven, che la stregoneria della quale era stata più volte accusata era poi tornata molto di moda nel Metal degli anni ’80. Più che sabba e pentoloni magici in lei c’è il rifiuto della dottrina cristiana, dove noi donne non è che ne usciamo sempre benissimo. Vi assicuro che nel 1969 era un vero gesto sovversivo.
Io? Io sono Morgana, sono solo quella che nella prima metà proprio dei magnifici anni ’80, ha buttato giù a calci una porta permettendo alle altre cantanti metal italiane di entrare.
Una precisazione: vi assicuro che di “magnifico” in quegli anni non c’era proprio una mazza. Resta il fatto che poco più di 10 anni dopo, Cristina Scabbia, qui nella foto di copertina di Omar Lanzetti, e i suoi Lacuna Coil trasformerà in realtà quello che per me era stato solo un sogno fuori misura per poterlo realizzare.
Donne rocciose, donne arrabbiate, appassionate, pericolosamente armate di quella profonda coscienza di sé.
La coscienza di chi siamo e di che cosa vogliamo e che ci rende invincibili.
Eccolo qui il Sacro Graal della nostra riscossa: l’affermazione di noi stesse libere dalla dittatura della bellezza e dal bisogno di sentirsi bene solo dentro un complimento.
È questo l’insegnamento che è scritto tra le righe di questo bellissimo libro, è questo che noi 50 signore vi abbiamo lasciato.
Sono la Principessa Astronauta e faccio della mia voce un’arma, che le conquiste vanno difese sempre perché un’altra guerra non sia mai più necessaria
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