Si prova in cantina, con l’insonorizzazione fatta con il polistirolo e gli imballi delle uova. Il polistirolo è già tutto autografato che, un giorno qualcuno staccherà i pezzi e li venderà che siamo diventati famosi.
La sala prove la si divide con i punk, perché di soldi manco a parlarne figurati averne.
Sono Roberta e ho 16 anni però sembro più grande con gli occhi truccati di nero pesante.
La sala prove è in una cantina di un palazzo storico in via San Domenico rione Valdocco che, secondo una tradizione bella splatter, prende il nome dal latino vallis occisorum ossia la valle degli uccisi perché è qui che venivano eseguite le sentenze di morte. In un posto così, cosa potrebbe mai andare storto?
Siamo nel 1983 e Torino è solo fabbriche e grigio. Neve in inverno ed estati appiccicose di vodka scadente ai giardinetti.
Sbirri ovunque in estate e in inverno che qui ogni tanto ancora si spara e qualche volta la sera, passiamo sotto casa dei giudici a veder le camionette delle scorte.
Qualcuno ha provato a colorarla Torino la grigia, non certo noi che ci vestiamo solo di nero e comunque non è un problema nostro. Qualcosa però di colorato io l’ho fatto: due grosse ciocche di capelli verdi che mia madre si è incazzata come un puma e mio padre manco le ha notate talmente la sera arriva a casa stanco e preoccupato.
Io e mia sorella, lo sentiamo parlare di nascosto con mamma che un politico qualche anno fa aveva lanciato lo slogan “Torino come Danzica” che sembra il titolo di una canzone folk polacca.
Polacca come quel Papa polacco, che si è fatto vedere qui nel 1980 e che crede di poter scacciare da Torino il Diavolo.
Lascia stare, che non se ne parla che noi torinesi al demonio ci siamo affezionati e poi abbiamo le fabbriche in fiamme. Li sento parlare i miei, che la Fiat licenzia a raffica e poi quella marcia dei 40.000 colletti bianchi, che però papà a manifestare non c’era andato.
Papà dice sempre che è nato povero ma la Fiat l’ha fatto studiare e adesso è capoufficio, però io credo che chi nasce povero, poi fa fatica a scegliere da che parte stare.
Abito a Torino, Cavoretto borgo Po, in strada del Campagnino che al liceo mi pigliano più per il culo per quello, che per il chiodo corto di pelle che in inverno muoio di freddo. Mi pigliano per il culo quelli che si fanno chiamare “paninari”, quelli che si fanno picchiare e rubare le Timberland dai punk che girano in piazzetta. Gliele rubano a sfregio, qualcuno per pagarsi la pera.
Mi pigliano per il culo che ho il chiodo corto e abito in strada del Campagnino. Mi pigliano per il culo mentre tornano a casa scalzi.
Vado in un liceo privato che così i miei mi possono controllare e a scuola mi ci porta mio padre. Ho provato a dirgli che nella vita vorrei solo cantare, ma mi ha risposto che prima mi devo diplomare.
Il sabato pomeriggio si va da Rock’n’Folk a guardare le copertine degli album; solo guardare che siamo senza una lira per poterli comprare.
A Torino la Fiat vuole licenziare 15.000 persone che altre 10.000 e ti danno il Disco d’Oro.
Sono fortunata, a me non manca nulla, ma non tutti i miei amici possono chiedere soldi a casa. Comunque la domenica si va in sala prove a suonare.
La sala prove è in un vecchio palazzo che sicuro ci sono i fantasmi qua dentro, che a furia di invocare Satana nelle canzoni, finisce che prima o poi salta fuori.
Si scende una scala ripida che bisogna far attenzione a non scivolare e le custodie rigide delle chitarre, bisogna metterle dritte in piedi per passare. C’è odore di muffa qua sotto, ma la sento solo io che come al solito qui sono l’unica donna. Donna non ancora magari, anche se sembro più grande strizzata in una maglietta scollata.
La scala è buia e bisogna scenderla con un accendino in mano e poi trovare la porta e infilarci la chiave.
Chi ha paura del buio?
Tony ha le chiavi, la apre lui la porta che poi le chiavi le ha mezza Torino che qui ci proviamo in tanti. Dividiamo la sala prove con i punk, che già con loro ci dividiamo la piazzetta dell’obelisco e le risse con i Mods. Dividiamo le panchine e la sala prove, che però secondo me guardano noi metallari un po’ dall’alto in basso. Loro sono quelli con i testi impegnati, quelli organizzati, quelli che già vanno a Berlino in furgone a suonare. Noi siamo più bravi tecnicamente, ma rispetto a loro obiettivamente sembriamo un po’ più sfigati.
La sala prove è così piccola, che è vietato alle ragazze che stanno con la band di entrare.
Entra solo Enzo che ci fa da fonico e se si rompe qualcosa, la sa riparare. Meglio così che le ragazze non entrano, che dopo un minuto qui diventa un pollaio e io mi devo concentrare per cantare.
Litigano per i ragazzi, ma con me non ne parlano che non mi considerano una di loro. Non me ne frega niente, che se ne stiano tra loro che io ho di meglio da fare.
Io non sono come voi, vorrei intitolarci una canzone ma l’hanno già fatto i punk che quelli sono sempre un po’ più avanti.
Due chitarre, basso, batteria e noi cantanti non sappiamo mai dove stare, che davanti alla testata dell’ampli il microfono innesca e fischia che sembra un maiale sgozzato. Chissà se a 50 anni saremo tutti sordi?
Il contatore della luce salta che non ce la fa a tenere tutto.
Restano solo cassa e rullante, chi ha paura del buio?
Qualche secondo che sembra di stare in una tomba. Qualcuno tira fuori un accendino, torna la luce nella sala prove. Si litiga, si litiga sempre e non si sa mai per cosa. Mi è arrivata una bacchetta della batteria in faccia una volta. Non era per me ma, abbiamo litigato per niente ancora una volta.
Suoniamo dal vivo sabato prossimo e gli headliner sono i Bulldozer di Milano. Dobbiamo provare che quelli sono già famosi, ma a noi non manca molto. Hanno organizzato quei ragazzi di Bussoleno, quelli della fanzine ciclostilata che uno di loro fa la naja e il sabato sera deve rientrare in caserma e comunque siamo noi i più veloci.
Siamo i più veloci e veniamo dalla città del Diavolo, che l’ha detto pure il polacco, cosa potrebbe mai andare storto?
Mi piace quando scriviamo canzoni nuove, scrivo io tutti i testi. Mi piace inventare storie sulle note degli altri. In sala prove mi porto sempre un foglio di carta nel caso mi venisse in mente qualcosa, ma quando va via la luce dopo non riesco più a pensare.
Ho paura del buio
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