Il catcalling è l’ ennesimo argomento del giorno ed un giorno destinato a durare. Il fatto che sia una molestia, invece quello resta e a noi gatte non riuscirete a farcelo passare per un complimento.  

Si dice che la giovinezza di una donna finisca quando passando davanti ad un cantiere, i muratori non l’apostrofano più con apprezzamenti volgari. Questa affermazione un po’ farebbe pure ridere, ma in realtà accostare l’aggettivo “volgare” al sostantivo “apprezzamento” dovrebbe già essere considerato perlomeno improprio.

Sta tutto nelle parole il significato delle cose. Apprezzamento è l’attribuzione di un pregio, che sia la bellezza vinta alla lotteria genetica o una laurea sudata sui libri. Persino nella sterile economia per apprezzamento si intende un aumento di valore.
Volgare, sia come sostantivo che come aggettivo, invece ha un valore limitativo. È ciò che non si distingue per nessun pregio o particolare qualità.

Un apprezzamento non può quindi essere volgare o sarebbe un ossimoro

Il catcalling impazza su tutti i giornali, riportato in prima pagina da personaggi più o meno famosi. Personaggi più o meno in cerca di visibilità, più o meno interessati a sensibilizzare l’opinione pubblica su un fenomeno che di culturale ha ben poco e che andrebbe sradicato senza neanche doverne discutere.

Esattamente cos’è il catcalling? Il cat (gatto) calling (chiamare), è un complimento o apprezzamento non richiesto e non incoraggiato, con l’aggravante di essere fatto da uno sconosciuto

Un imbecille qualunque che fischia ad una ragazza per strada come se chiamasse la sua gatta. Un malizioso canticchiare al passaggio di una donna, un accorato plauso ad un bel paio di cosce ed una sincera lode a due belle tette. Tutto sdoganato e tutto uniteralmente derubricato sotto la voce “focoso complimento”.

Tutto ciò che genera disagio, non è affatto un complimento: è una molestia

Il dibattito quindi è su cosa sia un complimento e cosa invece sia da considerarsi molestia?
Sui social parrebbe proprio sia questo il motivo del contenzioso, tra maschi che rivendicano il loro diritto all’apprezzamento alla baionetta e le femmine che ne farebbero decisamente a meno di essere trattate come vacche al mercato. Il tema in realtà è ben più profondo perché tocca la dignità delle donne ed il nostro diritto a non essere perennemente sessualizzate dagli sguardi altrui. Declinare il catcalling come fosse un esercizio lessicale è di per se svilente e soprattutto riduttivo. Iniziamo almeno a distinguere i due termini del contendere.

Inserita nel contesto, la sostanziale differenza tra molestia e complimento, è che la prima è l’atto ad infastidire con parole ed atteggiamenti indesiderati a sfondo sessuale.

ll complimento invece, è una manifestazione di stima o affetto, un atto sincero privo di retropensiero.

In troppi hanno pontificato su questa differenza di termine, confondendo il significato intrinseco delle due parole e dimenticando che il fulcro del “flirtare” è il consenso
Su tutti brilla Damiano Er Faina, youtuber ed instagrammer con un seguito da 1 mln di fan, che si è sentito in dovere di dire la sua

…per due fischi, il catcalling…io non so dove andremo a finire…


Te lo dico io dove andresti a finire, ad esempio se fischiassi alle natiche di una ragazza in Francia.
Finiresti ai lavori socialmente utili o comunque con il portafoglio alleggerito da 90 fino a 3000 Euro di sanzione per i recidivi. Legge del 2018 a firma di madame Marlène Schiappa, Segretario di Stato per le Pari Opportunità del governo Marcron.

Un bel tacere non fu mai scritto, e allora Er Faina tenta una ritirata in copertura che fa solo più danno

…mica t’ho detto brutto cesso?…

Bravo. Aggiungiamo pure il body shaming, che se sono un po’ cessa allora sei giustificato ad umiliarmi, così magari in Francia ti condannano ai lavori forzati. 

In un goffo tentativo in extremis per salvare la situazione, Er Faina ci butta pure la nonna.

…Se uno passa con la macchina e te fischia a bellaaaa, te che fai?” La nonna risponde “Lo ringrazio”

A’ bello de nonna, genio, genio assoluto. Adesso aggiungiamo al pacchetto vacanze al gabbio, pure l’aggravante dell’age shaming alla vecchia? 
Se la molestano, secondo te quindi dovrebbe solo ringraziare? A questo punto, temo che, per sfuggire alla Giustizia francese, non ti resti che arruolarti come mulo nella Legione Straniera. 

Sul fenomeno del catcalling, purtroppo però non c’è nulla da scherzare perché è un’aggressione sessuale. 

In Italia l’84% delle donne intervistate dichiara di aver subito molestie in strada, che hanno generato in loro una quantità di emozioni negative difficili da gestire e contrastare. Difficili persino da spiegare e che minano le nostre certezze su diritti che credevamo ormai acquisiti. Aumentando ancora il divario per il raggiungimento della parità tra generi, ricacciandoci di nuovo nel ruolo di prede. 

La rabbia è il primo sentimento, ma è anche la prima cosa che noi donne impariamo a controllare per puro istinto di sopravvivenza. Perché i maschi sono quasi sempre in vantaggio fisico su di noi ed è meglio non rischiare di farsi ammazzare. Ci insegnano a non guardarli negli occhi, ad allungare il passo senza voltarsi, anche se avresti una gran voglia di tornare indietro per sputargli in faccia.
La paura ci mortifica ancora una volta, ma è quel campanello d’allarme che ci suona in testa e ci fa desistere dal discutere con il povero stronzo e che, in casi estremi, ci ha permesso di riportare a casa la pelle. 

Non a tutte però. Novembre 2020. Ruth George 19 anni. Uccisa a Chicago. Strangolata nel parcheggio del suo campus universitario, per aver ignorato le avance da uno sconosciuto in strada. Il suo assassino è accusato di omicidio di primo grado con l’aggravante della violenza sessuale. La molestia è stata equiparata allo stupro, ma come andrà a finire il processo poi lo vedremo. Sicuramente, qualcuno dirà che la piccola Ruth avrebbe dovuto rispondere gentilmente al “complimento”.

Senza arrivare a tanto orrore, io stessa ho subìto e più della tentata aggressione sessuale, il mio mezzo “senso di colpa” è stata la ferita più profonda da rimarginare.

Avevo poco più che 20 anni e tornavo da una festa a Cannes. Gonna corta e tacchi a spillo come si usava allora. Una festa all’hotel Martinez. Avevo bevuto e chiacchierato e flirtato e si erano fatte le 3 del mattino. Come spesso accade, ero sola. Non parcheggiai la mia auto nel sotterraneo del condominio dove risiedevo, ma sulla via.
Un tizio mi chiama. Non rispondo e tiro dritto. Mi dice qualcosa in francese che non capisco. Volo su quei tacchi. Faccio in tempo a chiudermi dietro la pesante porta dell’ingresso che me lo trovo che batte sul vetro mentre si masturba. Con la bocca mima la richiesta di un rapporto orale, dove per “orale” non si intende una chiacchierata ma un pompino. Prendo le scale, che non veda il piano dal display dell’ascensore. Cinque piani di corsa per rintanarmi in casa al buio.  
Mi sono sentita inadeguata, forse sporca perché era tardi o perché ero bella e disinibita. La frustrazione del senso di impotenza che provai allora, brucia ancora.

Il nostro essere attraenti o di portare una gonna corta, ci scaraventa nell’inganno che sia solo nostra la colpa. Come se il catcalling fosse la conseguenza dei nostri comportamenti

Un’indagine Istat del 2018, offre un quadro desolante sull’immagine sociale della violenza sessuale.
Il 23,9% degli intervistati, ritiene infatti che possa essere la donna a provocare tramite atteggiamenti e abbigliamento provocante, la libido del maschio invitandolo allo stupro.
Quasi il 40% ritiene inoltre che sia nostra responsabilità sottrarci alla violenza. Come a dire che se non vuoi, non ti accadrà. Considerando che la percentuale di massa muscolare di un maschio della specie è del 45% contro il 36% delle femmine, direi che farla finire a sberloni non è quasi mai una buona idea.
Per il 6% le donne per bene non vengono stuprate. Verrebbe quindi da chiedersi cosa si intenda per “donna per bene”, perché detta così suona come l’ennesima discriminazione. Per il 10% chi subisce una violenza sessuale, comunque un po’ se l’è cercata ed il suo carnefice non andrebbe condannato.

Con questi dati, parlare di catcalling sembrerebbe poca cosa, o comunque una battaglia persa in partenza e invece, è solo una delle tante lotte che noi donne non dobbiamo smettere di combattere.
Sradicare questa immagine collettiva che, ancora oggi ci ritiene in parte colpevoli delle attenzioni non richieste implica anche una riflessione su noi stesse.

Dobbiamo combattere per infine liberarci dalla rabbia e dalla paura, che sono sentimenti negativi che frustrano prima di chiunque altro noi stesse.
Vivendo sempre a testa alta anche le nostre stesse fragilità.

Ripartire sempre da noi stesse incentivando un dialogo senza contrapposizioni di genere, secondo me, è l’unica via possibile. 
Educare le nuove generazioni alla parità, al rispetto ed alla gentilezza, maschi o femmine che siano è un passo fondamentale, perché dove c’è reciprocità si costruiscono basi solide per un futuro migliore di questo.
Non siamo le costole di nessuno, siamo esseri umani a pari dignità e diritti. 

Sono la Principessa Astronauta e non una gatta a cui fischiare. Pretendo rispetto perché un apprezzamento vale solo se parte da un cuore che ama e non da un uccello 

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