Sono una femmina di mezza età e questo è un fatto.
Più o meno ben conservata o andata definitivamente a male quelle invece sono opinioni.

Compiuti i 45 anni, e i miei sono andati da un pezzo, la Regione Piemonte inserisce le femmine di specie umana in un programma di prevenzione tumori femminili.

Il programma funziona bene, ti mandano una lettera ogni due anni con un appuntamento, se non ti va bene lo sposti, se non ti presenti peggio per te.

Mi chiamano per la mammografia, mi presento in una struttura sanitaria del centro.
Sono le 7.30 e sono socievole come una tigre siberiana. Mi dirigo all’accettazione e mi ricordo di dire all’impiegata che ho un seno voluminoso.

 

Se hai le bocce grosse lo devi dire perché, la macchina per eseguire l’indagine radiologica evidentemente deve avere le categorie come i siti porno.

Mi siedo in sala d’attesa e apro il giornale. Una signora accanto a me tenta una conversazione con deboli argomenti, che il mio sguardo di totale disinteresse chiude immediatamente.
Mi rimetto gli occhiali e leggo ma, una incaricata pretende la nostra attenzione per illustrarci una sperimentazione assolutamente e solo su base volontaria. Una mammografia tridimensionale grazie alla quale anche una piccola lesione può essere scovata ma, con la non trascurabile controindicazione che dura 30 secondi in più e che ti becchi il doppio di radiazioni e io di andare in giro un mese con le tette radioattive proprio non ne ho nessuna voglia. Dico no, che ho già aderito al test per la ricerca dell’eventuale presenza dell’HPV e, vorrei far notare che non sono un topo di laboratorio e comunque dopo il test non mi hanno dato neanche un pezzetto di formaggio e manco c’era la ruota per correre. Dico no e vado a far l’esame.

Chiamano il mio numero al microfono.
“La signora con il numero 45, spogliatoio 6.”
Entro. “Signora si metta a torso nudo” dice una voce di donna con chiaro accento dell’est Europa. 

Socievole come una vipera del Gabon, entro nella sala della macchina per eseguire l’esame.
Primo lato, prima tetta schiacciata nella pressa.
La radiologa mi chiede di aver pazienza.
Nessun problema rispondo.
Sto messa così: la tetta nella pressa, il collo e le spalle in una posizione innaturale, mi fa male tutto che avrei dovuto ricordare alla radiologa che la tetta è attaccata al resto del corpo o gliel’avrei fatta recapitare in ospedale con DHL.

La radiologa va al computer che comanda la macchina per la mammografia.

“Scusa signora ma macchina non pronta, manca 6 minuti”.
Penso parole che non si possono dire. In una specie di delirio mistico, nomino mentalmente dei, suini e cani e tutti nella stessa frase.

”Dottoressa, le dispiacerebbe liberarmi che al circo c’era un posto vacante come contorsionista, ma mi avevano scartata al primo colloquio?”

La dottoressa mi guarda malissimo, credo non abbia colto l’ironia o semplicemente odia il circo.
Mi rimetto la maglietta e aspetto. La macchina è pronta che evidentemente deve essere diesel ma, non importa che me ne voglio andare.
Quattro e dico quattro sessioni di tette schiacciate che manco il bondage più estremo, che la dottoressa stringe tutto quello che può e io mi chiedo se le mie povere tette mai torneranno della loro forma originale, o finiranno per restare due cotolette.
Miss KGB odia il circo e odia me, ma poi mi molla e finalmente mi posso rivestire.
“Chi legge gli esiti?” chiedo acida a cercar vendetta.
“Arriva lettera a casa”
“Sì, lo so ma volevo sapere se…”.
“Arriva lettera a casa”.
“Ho capito, arriva lettera a casa.”

Esco, voglio fare colazione e finire di leggere il giornale.

C’è un piccolo locale tutto rosa e bianco più avanti con degli enormi cup cakes in vetrina.
Entro.
La signorina al bancone sembra una principessa della favole in mezzo a teiere fucsia e torte a due piani.
“Buongiorno” mi dice con un marcato accento dell’est Europa.
Minchia, devo essere finita in un film di fantascienza o la mammografia me l’avevano prenotata a Bacau e non me ne sono accorta.
Prendo una fetta di devil cake con dei mirtilli grossi come noci, arriveranno da Chernobyl penso.
La torta è una delizia, pago e torno a Vanchiglia.
Passo davanti alla Mole Antonelliana ancora chiusa, una giovane coppia di turisti mi ferma per una informazione. 

“Mi scusi signora” dice lui.
Tiro su gli occhiali da sole in attesa della domanda, ma non fiato.
La ragazza dice “Amo’…lascia stare che non credo la signora sia di qui…secondo me è straniera…”.

Tiro giù gli occhiali sconsolata e me ne vado senza dire una parola.

La verità è che siamo tutti stranieri in questo mondo in prestito e non importa dove sei nato.
È solo un caso. 

Dasvidania

 

 

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