Il web è un tiranno democraticamente eletto e noi user siamo i suoi soldati, la sua carne da cannone. Eppure eccomi qui nella rete, dritta sull’attenti, connessa sempre.
Se non stai pagando il prodotto, allora il prodotto sei tu
(The Social Dilemma)
Il 2020 è stato l’annus horribilis per l’umanità intera. Niente come questa pandemia ci ha divisi da affetti e amori. Niente come il covid ci ha resi tanto soli e allora eccomi qua: come un soldatino, rispondo alla chiamata della rete e mi metto sull’attenti.
Le ripercussioni economiche dell’epidemia sono state devastanti e ancora non abbiamo visto niente, temo.
Non per tutti però, perché non tutti ci hanno perso con il mondo in lockdown. Nella classifica di chi ha aumentato i profitti ci sono ovviamente i colossi della vendita online, piattaforme streaming e naturalmente i social. Già solo Mr. Zuckerberg alias Mr. Facebook, ha visto aumentare i suoi utenti del 12%.
Murati in casa, soli, terrorizzati e depressi, abbiamo fatto del nostro meglio per restare connessi con chi non potevamo abbracciare. I colossi del web ovviamente erano lì, pronti a fornirci generi di conforto a domicilio e piattaforme consolatorie ad asciugare lacrime di sconforto in digitale.
I loro fatturati ed utili ringraziano e noi umani ci scopriamo sempre più dipendenti dalla rete
Tutti pensiamo che alla fine il prezzo per avere Facebook o Google gratis, siano le inserzioni pubblicitarie che ci dobbiamo sciroppare ogni volta che accediamo. Le aziende pagano per pubblicizzare un prodotto che una platea planetaria di potenziali clienti potrebbe acquistare. Anche, ma in realtà il prodotto da vendere siamo noi.
Le speculazioni si basano sulle previsioni e per fare previsioni servono dati Noi siamo quei dati
Le nostre abitudini, i nostri gusti, le nostre esigenze terrene e persino le spirituali vengono analizzate ed indirizzate, addirittura modificate. Ci voglio sempre connessi, tutti i soldati schierati sempre sull’attenti e quindi attirano la nostra attenzione con quello che l’algoritmo ha detto loro che ci potrebbe interessare.
Alzi la mano chi di voi non si è mai fatto/a una storia d’amore o sesso, grazie ai social.
Eccola! Io. A me non è mai successo, ma io sono un caso clinico quindi non conta.
Niente storie nate da un Like per me, ma ho mantenuto molte relazioni importanti grazie a Facebook o IG e con il tempo ho sviluppato il sacro terrore di restare disconnessa per qualche tempo.
Due dati statistici al volo: sul pianeta Terra, il 59% della sua popolazione stimata in circa 7,7 miliardi di individui, ha accesso ad Internet.
La media mondiale del tempo trascorso al giorno sulla rete, è 6 ore e 43 minuti.
Il dato per me sconfortante che emerge da Digital 2020, è che il mondo ascolta musica solo per 1 ora e 26 minuti al giorno.
3 ore e 18 minuti di TV al giorno, invece sono abbastanza ragionevoli per un bel film o per infognarsi in una serie.
Le Filippine sono al primo posto nella classifica dei tutti pazzi per il web con ben 9.45 ore al giorno, mentre il supertecnologico Giappone è sorprendentemente all’ultimo con 4 ore e 22 minuti.
Noi italiani? Noi siamo in piena media con circa 6 ore al giorno con il naso piantato davanti ad un monitor.
Niente differenze di genere. Tutte e tutti trascorriamo più o meno lo stesso tempo connessi.
Secondo una stima piuttosto approssimativa, i siti web attivi nel mondo sono quasi 200 milioni. Un botto di roba che non basta una vita intera, a patto che uno la permanenza sul pianeta se la voglia giocare per visitarli tutti.
La medaglia d’oro va a Google
Argento a YouTube
Bronzo a Facebook
All’ 11mo posto non dovrebbe sorprendere PornHub, soprattutto in questi giorni di distanziamento sociale/non mi toccare che mi attacchi le malattie.
PornHub quindi è più cliccato di Netflix che si attesta in un assai onorevole 14mo posto.
Se non avete visto The Social Dilemma su Netflix, guardatelo e poi provate a disconnettere i vostri dispositivi per qualche ora.
L’ho fatto. Ho spento il mio iPhone e ho provato a sopravvivere senza
La prima sensazione che ho provato, è stato un senso di libertà e di cosciente disinteresse per qualsiasi accadimento nel mondo. Un senso di pace. Nessuno mi potrà trovare. Nessuna distrazione. Mi posso finalmente concentrare senza notifiche varie ed eventuali da dover controllare.
Una mezz’oretta, una trentina di intensi minuti con me stessa e i miei pensieri, che se la città stesse andando a fuoco lo scoprirei mentre vado arrosto.
In realtà, ho resistito circa 12 minuti prima che iniziasse a salirmi l’ansia. E se mi chiamasse qualcuno? E se lui mi scrivesse proprio adesso che ho lo smartphone spento? E se lei mi cercasse in questo momento?
Addio beata pace, benvenuta angoscia. Devo accendere il mio iPhone o mi verrà un attacco di panico.
Ho serrato i denti, pensato ad altro per resistere al malsano desiderio di riconnettermi al mondo.
Si chiama Nomofobia (No Mobile Phone Phobia) ossia l’ansia da disconnessione
I nostri device sono passati dal loro naturale utilizzo puramente materiale, ad una funzione sociale.
Affidiamo ad una macchina un ruolo nella collettività attraverso app che fanno per noi quello che prima eravamo abituati a fare insieme ed in collaborazione con altri. Ordiniamo pizze e paghiamo bollette. Acquistiamo vestiti e cerchiamo online un nuovo amore e intanto tutto viene registrato, tutto targetizzato.
Quante pizze l’anno mangio, quanto spendo, se pago con Visa o MasterCard.
Tutto questo accade con una facilità disarmante e mentre docili affidiamo ad altri le nostre abitudini e voglie, non ci accorgiamo che siamo sempre più soli.
Ci vogliono obbedientemente sempre connessi. Ci vogliono sempre più soli per poter poi colmare quel vuoto, offrendoci un nuovo miracoloso prodotto
Sono la Principessa Astronauta e rompo le file ogni tanto. Che nessuno usi questa pandemia come scusa per addestrarci a fare a meno dei nostri simili di carne e sangue
Comments are closed.